Recentemente ho adocchiato questo libro mentre curiosavo in libreria. Il mio interesse si è raffreddato dopo aver letto la fascetta. Si tratta di un'inchiesta sul mondo del lavoro femminile. Venivano riportati un po' di dati sconfortanti, qualcuno dirà i soliti, nel senso che è da una vita che se ne parla, ma le cose sembrano non cambiare, tipo la poca flessibilità degli orari di lavoro, l'assenza di nidi ecc. ecc.. L'interesse l'ho perso perché sono partito dal presupposto, forse erroneamente, che approcciasse il problema nel solito modo.
Io ho un'opinione personalissima sull'argomento. La donna, sopratutto nel nostro paese, è in cerca di una parità di diritti con l'uomo che effettivamente esiste solo sulla carta. La parità di cui tanto si parla è però la parità del poter fare, poter avere una carriera come mio marito, poter avere gli stessi spazi di un uomo, ma la vera parità, una parità di stampo non solo egoistico, è la parità anche della rinuncia; io rinuncio momentaneamente alla mia carriera per stare con i figli! Potremo parlare di asili nido e flessibilità di lavoro all'infinito senza trovare mai l'ottimo e facendo sempre delle vittime, i figli. Se si parla solo di cosa si vuol poter fare, diventare o essere, le immagini saranno come quelle della copertina del libro, espressione di una donna che giustamente afferma il suo diritto di poter lavorare e contemporaneamente calpesta il diritto di un neonato di stare in un ambiente adeguato. Parole forse un po' forti, ma dovrà essere questa la parità del futuro se vogliamo fare due passi in avanti e non uno avanti e l'altro indietro. I padri dovranno conquistarsi la libertà giuridico/economica e soprattutto psicologica di poter stare (per passione) un paio di anni o per sempre a casa. Ho scritto dentro le parentesi "per passione" perché non c'è evoluzione se la scelta dello stare a casa è vissuta come un sacrificio o un peso, se così fosse questa ricerca dell'uguaglianza sfornerebbe solo genitori come quella giornalista di Donna Moderna che la scorsa settimana scriveva, secondo me senza neanche rendersi conto della gravità della cosa, un articolo dove raccontava della vacanza sulla neve dei suoi figli e gridava al mondo che non vedeva l'ora di tornare a lavorare, chissà se il suo capo il lunedì quando la rivede gioisce allo stesso modo...
So che state pensando, siamo lontani anni luce da questa situazione, viviamo ancora in mondo in cui c'è una massa che pensa che se un adolescente decide di entrare nella squadra di pallavolo o di andare alle magistrali ci sono buone possibilità che sia omosessuale... La donna poi dovrebbe aver già conquistato i suoi spazi di carriera nelle aziende e ci vuole una flessibilità del lavoro tale da non compromettere per sempre una carriera anche se ci si allontana per un paio di anni.
Insomma, c'è tanta strada da fare.
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